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PER QUANTI ALTRI LUNEDI'?

CACUACO, MARZO 2014

Venerdì, ore 11:00 del mattino, + 38°.

LA PROPOSTA

Oscar mi chiama e mi dice:-“andiamo? Saremo di ritorno tra un ora”.

E mentre mi chiedo se sarà un’ora europea o africana, rispondo affermativamente. Poi riprendo:-“Oscar? Ma dove andiamo?”

-“a fare i tuoi certificati per iscriverti all’ordine dei medici angolani. Il certificato medico lo ha già compilato Lidia e la direttrice sanitaria dell’ospedale, la dr.ssa Johanna, sta attendendo la firma”.

In Angola, molti iter burocratici, sono stati informatizzati e fare i certificati ora è un gioco da ragazzi, bene, oggi faremo anche il certificato penale.

LA PRIMA VOLTA ALL’OSPEDALE DI CACUACO

In 40 minuti arriviamo all’ospedale di Cacuaco e miracolosamente troviamo da parcheggiare.

Entriamo e ci rechiamo direttamente in Direzione Sanitaria, notiamo che non vi è nessuna guardia a presidiare gli accessi.

Ci avviciniamo ad una segretaria, ci annunciamo e spieghiamo il motivo della nostra presenza.

Ci informa che il direttore sanitario non è in sede e tornerà mercoledì.

Spieghiamo alla segretaria che con la direttrice sanitaria ci eravamo accordati diversamente, che bastava solo apporre una firma sul certificato medico.

Con la tranquillità delle azioni africane, la segretaria, mette il telefono in viva voce e l’altoparlante restituisce una voce registrata che dice: -“Unitel, l’utente da lei selezionato non è al momento raggiungibile”.

La segretaria, si dimostra disponibile e ci dice che cercherà di trovare una soluzione, ma che ci vorrà tempo.

IL PRIMO TENTATIVO PER AVERE IL CERTIFICATO PENALE

Decidiamo di non perdere tempo e di provvedere al certificato penale.

Torniamo al parcheggio, prendiamo la macchina e dopo aver percorso dieci minuti di strada, siamo davanti all’ufficio dove potremo richiedere il certificato.

Prima di noi una quarantina di persone.

Avanziamo senza rispettare la fila, nessuna rimostranza da parte di chicchessia.

Troviamo delle guardie alle quali chiediamo di entrare.

Non vogliono sapere il motivo per il quale chiediamo di entrare, piuttosto sono interessati a sapere se abbiamo pagato.

-“Pagato? Cosa dobbiamo pagare?” – chiedo.

-“Qui da noi per avere qualsiasi certificato occorre pagare circa tre dollari”.

Le guardie ci consegnano un bigliettino, sullo stesso vi è scritto con una penna biro, l’indirizzo di una banca a circa dieci minuti di automobile, presso la quale potremo pagare la tassa.

LA BANCA SBAGLIATA

Il caldo può risultare sgradevole quando si deve percorrere un tratto di strada nel bel mezzo del traffico metropolitano, sotto il sole africano.

Siamo arrivati in banca, davanti a noi venti persone, sopra di noi sempre quel’ incessante, caldo sole.

Da bravi italiani, come fatto in precedenza, tentiamo di non rispettare la fila e avanziamo, come prima, nessuna protesta.

Siamo davanti all’impiegato di sportello, al quale consegnamo il bigliettino.

L’impiegato si consulta con un collega e dopo essersi confrontati, ci informano che siamo nella banca sbagliata, con estrema cortesia ci forniscono le indicazioni esatte.

LA BANCA GIUSTA

Finalmente arriviamo nel posto giusto, un’edificio in muratura, nessuna persona in attesa.

Ora siamo allo sportello, e dall’altra parte della parete in vetro, un’impiegata intenta a contare del danaro.

-“Bon dia”- salutiamo, niente, l’impiegata non ci degna della sua attenzione, con tono più deciso ripetiamo – “Bon dia!” , niente…L’impiegata non ci bada e continua la conta.

Passano 15 minuti e in questo lasso di tempo, una decina di impiegati, apparentemente senza alcun motivo, entrano ed escono dall’ufficio.

Il caldo è insopportabile, prendo una banconota da cinquecento quanzas (5 dollari) e a mo’ di ventaglio mi faccio aria sul viso sudato.

Questo mio movimento, desta l’attenzione dell’impiegata la quale, solo a quel punto, si accorge di noi.

Paghiamo la tassa e ci facciamo consegnare la ricevuta.

Solo ora, a distanza di tempo, realizzo che molto probabilmente la signora era non udente, forse si è accorta di noi grazie al mio movimento.

LA SECONDA VOLTA ALL’OSPEDALE DI CACUACO E CI RIVEDIAMO LUNEDI’…

A questo punto torniamo all’ospedale, spero di riuscire ad ottenere il mio certificato.

Ci rechiamo presso l’ufficio, come in precedenza, la segretaria non c’è, c’è la sua collega intenta a parlare con un signore maleodorante.

Sulla sedia una borsa, probabilmente la borsa della segretaria con la quale avevamo parlato in precedenza e sul tavolo il mio certificato senza firme ne’ timbri.

Ci rivolgiamo allora, interrompendo il dialogo, alla collega della “nostra” segretaria, una chiamata e la nostra segretaria si palesa ancora intenta a masticare, era in pausa pranzo dietro l’armadio, sulla nostra sinistra.

Chiediamo lumi e lei ci risponde che abbiamo compilato un modulo non ufficiale, inoltre è in diffiicoltà perchè non comprende bene i miei dati anagrafici, mancano poi il nome di mio padre e di mia madre, nonostante siano defunti da qualche decennio.

Prendo un foglio, una penna biro e mi impegno per scrivere in stampatello e in modo regolare e comprensibilissimo tutti i miei dati, restituisco il foglio.

La segretaria, controlla la mia calligrafia e poi mi dice che potrò ripassare lunedì.

Poi mi chiede:-“ma tu sei proprio sano?”

Vorrei risponderle:-“ma secondo lei, uno sano di mente, si troverebbe qui al mio posto?”, mi limito però a farle un sorriso ad alzare la mia maglietta bianca e a mostrarle il torace.

Promosso!

Ci rivedremo lunedì.

IL CERTIFICATO PENALE E LA BOLLA TEMPORALE AFRICANA

Usciamo nuovamente dall’ospedale e ci dirigiamo, per la seconda volta, presso gli uffici preposti per il ritiro del certificato penale.

Entriamo negli uffici ed esibiamo alle persone in fila la ricevuta della tassa pagata, le persone ci fanno avanzare ma giunti davanti alla guardia, veniamo respinti.

Chiediamo alla guardia per quale motivo ci respinge e sembra non saperlo nemmeno lei.

Le persone in fila protestano contro la guardia, pretendendo che ci faccia entrare.

La guardia ci fa entrare, siamo all’interno di un ufficio.

Davanti a noi cinque banchi presieduti da 5 funzionarie che stanno censendo i cittadini angolani che lo desiderano

Gli angolani non dovranno sostenere alcun costo per le foto e le impronte digitali.

Nel primo banco a sinistra c’è un registro con scritto “REGISTRO CRIMINAL”, devo accomodarmi li.

La funzionaria esamina il mio passaporto leggendolo con calma, si alza e lo porta presso l’ufficio del “TECNICO”.

Passano dieci minuti circa, poi, la stessa signora esce dall’ufficio del “TECNICO” si reca presso un’altro banco e chiama un’altra persona.

Per mezz’ora buona, rimango seduto davanti al retro di un monitor, di tanto in tanto alzo gli occhi e la scritta “REGISTRO CRIMINAL” m’inquieta, per tranquillizzarmi, giro lo sguardo a cercare Oscar, è seduto appena dietro la porta, mi fa cenno di attendere e poi torna a guardare il telefonino.

Arriva un nuovo addetto, il quale mi invita a prendere posto nella fila vicino ad Oscar.

Oscar, osservando gli addetti aveva compreso che gli operatori erano in attesa del tecnico informatico in quanto lo scanner aveva smesso di funzionare.

In certe situazioni i ritmi africani, non possono essere scanditi dai segna tempo europei.

L’incedere del tempo africano è differente, in questa “bolla temporale africana” l’orologio, spesso, risulta essere del tutto inutile.

Arriva il tecnico, che molto tecnico non si dimostra.

Non sa come sistemare lo scanner ma canta tranquillamente e a gran voce le sue canzone africane preferite.

il tempo ha tempo, così come tutte le persone li presenti. 

Nessuno si arrabbia.

Ad un certo punto, il “tecnico”, sconfitto, decide di sostituire lo scanner rotto, con uno scanner posizionato sopra un’altro banco.

Il lavoro presso questo banco, verrà sospeso e le persone in fila, torneranno in strada. 

Finalmente è il mio turno.

Il mio passaporto magicamente riappare nelle mani del capo, il quale lo consegna al funzionario addetto al certificato penale.

L’addetto mi dimostra che il mio passaporto non è redatto come si deve, in quanto non si riescono a leggere bene i miei dati anagrafici e mancano del tutto i nomi dei miei genitori.

Prendo un foglio e, come già fatto nel corso di questa giornata scrivo in stampatello e in modo regolare e comprensibilissimo tutti i miei dati.

Il funzionario legge i miei dati e mi chiede:-“Where are you from?”

Indicando la copertina del passaporto per mostrargli che oltre che “Unione Europea”, vi sta scritto anche “Repubblica Italiana”, rispondo cortesemente : -“i’m from Italy”.

-“Do you Know Venice?”-

“Of course” e preciso che abito vicinissimo a Venezia.

Il funzionario mi dice di esserci stato e aggiunge: -“beautiful”.

Per evitare di sbagliare, il funzionario digita lentamente, sulla tastiera del computer, una lettera alla volta e i miei dati entrano nei sistemi informatici.

Il funzionario mi guarda e mi dice:-“done”.

Ma ho come l’impressione che invece d’aver premuto il tasto “save” abbia premuto il tasto “del”.

infatti.

Di nuovo e per la seconda volta, indice destro e sinistro scandiscono, a ritmo lentissimo, l’inserimento dei miei dati sul sistema.

Ora occorre stampare il certificato sull’apposito modulo.

Il funzionario si reca in archivio e dopo poco torna con una risma di moduli, entra nell’”UFFICIO TECNICO” per la stampa.

Esce e mi dice di accomodarmi sulla stessa fila dove, imperterrito, Oscar continua a “giocare” con il telefonino.

Mi siedo vicino ad Oscar e gli chiedo di prestarmi il suo telefonino, gioco pure io, non so per quanto.

Da dietro il banco dove era sistemata la prima impiegata che controllò per la prima volta il mio passaporto, sento chiamare il mio nome:-”Aurelio!”

-“Obrigado!”, Rispondo.

Finalmente! Sono le quattro del pomeriggio e ora sono in possesso del mio certificato penale.

Purtroppo però per quello medico dovrò attendere le disposizioni della segretaria dell’ospedale di Cacuaco:-“ci rivediamo lunedì!”

Ora mi assale un dubbio: “ok ci rivediamo lunedì… ma… per quanti altri lunedì?”.

Aurelio Tommasi MD – Marzo 2014